Il “Bestiario infernale” - xilografie di Gianni Verna



 

Il “Bestiario infernale” nelle xilografie di Gianni Verna


La presenza degli animali nella Divina Commedia è inaspettatamente ampia: a quelli in cui Dante e Virgilio si imbattono nella metafora del viaggio ultraterreno sono da aggiungersi infatti quelli chiamati alla ribalta attraverso allusioni e perifrasi. È una presenza continua e variegata, che si apre nel primo canto dellInferno, con le tre fiere”: il leone, la lonza e la lupa, e che terminerà con le api, cui sono paragonati gli angeli nellEmpireo. 

Dante è stato poeta ed erudito in un tempo, il Medioevo, in cui hanno ottenuto enorme successo i Bestiari, un tema letterario e figurato che scopre e racconta le curiosità del mondo animale, deformandone il comportamento istintuale in significato mistico-teologico, allo scopo di stupire ed erudire il volgo. Le bestie diventano strumenti spirituali utili nel cammino di conversione ed espiazione dell’uomo, fondendo nella componente semantica del loro nome i contenuti dei miti pagani, delle fonti bibliche e teologiche, e delle Naturales historiae d’età classica ed ellenistica. Per di più nella Comedia, la rappresentazione del demoniaco è caratterizzata nella mostruosa combinazione di elementi umani e ferini, per cui, quando ci si imbatte nel metamorfismo delle sinestesie, non si tratta mai di semplici quadretti naturalistici in cui si sfoga lo spirito di osservazione del poeta, che propala il suo realismo congegnando complesse strategie di costruzione del significato attraverso lattivazione delle accezioni simboliche che appunto agli animali erano attribuite.

Gianni Verna, artista xilografo “che non conosce soste”, di ottima fama e consolidato mestiere, nell’interrogare le tradizioni letterarie relative per capire se e come abbiano agito su Dante sia gli animali reali (come il veltro, il destriero, le vespe, l’aquila, le gru che “van cantando lor lai, / faccendo in aere di sé lunga riga”, le colombe, i “porci in brago” e la “scrofa azzurra e grossa”, “la falsa vacca”, il toro “che gir non sa, ma qua e là saltella”, i mosconi e i serpenti, “le rane innanzi a la nimica biscia” e “i ranocchi pur col muso fuori”, “i dalfini, quando fanno segno amarinarcon larco de la schiena”, l’anitra, il cane “ch’abbaiando agogna, / e si racqueta poi che ’l pasto morde”, e le “nere cagne, bramose e correnti”, il leone e l’oca, l’orsa e il falcone e lo sparviero, i “lupicini” e il “vipistrello” ecc. ecc.) e soprattutto le creature mitologiche, (Caronte, Minosse, Cerbero, Gerione, le Furie e le Arpie, Lucifero, Malacoda, il Minotauro, Caco, i Centauri e i Giganti, le Arpie, Proserpina e Medusa, Belzebù principe de’ Dimoni, i Draghi ecc.) manifesta una grande attenzione per la realtà in tutti i suoi aspetti, basata sullicasticità della sua rigorosa tecnica rappresentativa che – ora con precisi tratti di bulino e sempre più spesso con vigorosi colpi di sgorbia – con vitalità realista riesce a cavare dalle tavole lignee in cui ha intagliato le matrici delle sue xilografie.

La sovrabbondanza di immagini animali nei canti dell’Inferno – che l’artista ha scolpito in due lunghe lastre di noce, conducendo in processione come Noè sull’arca e Mosè attraverso il mare, decine e decine di figure ora morfologicamente inappuntabili, ora elaborate con raffinata sensibilità, ora riducendole all’essenzialità di un segno –, può essere interpretata come un allegorico panorama della degradazione dei dannati, privati d’ogni aspetto umano a causa del peccato e della dannazione. Ma la similitudine animalesca non intende assolutamente svolgere questa generica funzione, essendo anzi numerose le analogie animali che Dante ha usato per gli spiriti del Purgatorio e del Paradiso e perfino per gli angeli: si tratta quindi di una grande varietà di riferimenti che non possono essere ridotti univocamente alla funzione generica di segni della degradazione bestiale dei dannati. 

Col trascorrere degli anni in cui ha raccolto e stipato nel suo immaginario un thesaurus ampio e diversificato di animali moralizzati, esemplari, scientifici e poetici, Verna interpreta, nella doppia carrellata delle sue matrici lignee, il Bestiario infernale, aggregando alla forma del parallelo allegorico quella del confronto – più o meno a distanza, ora con devozione e riconoscenza, ora con ironia e demistificazione –, con i grandi artisti del passato, interpreti della trasposizione delle terzine della Comedia in immagini, ponendosi dignitosamente al loro fianco con il proprio (ormai acclarato e riconoscibile) stile, fortemente chiaroscurale e sintetico. In sintonia con il Poeta che rivolge una grande attenzione alla realtà tangibile in tutti i suoi aspetti, la rappresentazione xilografica si avvale dellicasticità e della vivacità della sua tecnica. Non si tratta quindi soltanto di semplici quadretti naturalistici, nei quali spicca lo spirito di osservazione dell’incisore e trova espressione la sua figurazione, bensì di un pregevole sforzo di interpretazione: nel susseguirsi delle tavole agiscono complesse strategie di costruzione del significato, attraverso lattivazione delle accezioni simboliche dellesegesi biblica, delle enciclopedie, delle tradizioni letterarie, che si sforzano di capire e decifrare se e come abbiano agito su Dante. 

L’innovazione, irriverente nei confronti del Vate sebbene consona alla dissacrazione dei dogmi caratteristica dell’odierno sistema culturale, è la presenza di elementi estemporanei, improvvisati in funzione del paradosso: Dante e Virgilio a spasso nella selva oscura in mountain-bike, “La Colombe” di Picasso in volo sul carro infuocato di Fetonte, il “Charging Bull” di Arturo Di Modica espiantato da Wall Street e “Le Penseur” di Rodin seduto al miglio 666 con la testa di caprone ad impersonare “Lo ’mperador del doloroso regno”. Che non svolgono soltanto una funzione ornamentale, di commento e di esposizione, ma contribuiscono, attraverso lattivazione della propria autonomia iconica, a ricostruire la rilevanza culturale di una estemporanea epopea dantesca.


Gianfranco Schialvino

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